La maieutica dello spirito (ovvero ‘Insieme verso Natale’)!
Tanto ha potuto ADSeT, questa volta!
Il rozzo insipiente, il villano che si lamentò col prevosto della lunghezza della messa cantata, quando al rimprovero dello stesso: “ Figliolo la musica eleva lo spirito” ebbe a rispondere, “ sì, ma fa calari ‘u latti ”! la visse come una afflizione a causa del prolungarsi delle musiche di intermezzo lungo la cerimonia perché – a mio giudizio – non era stato penetrato dalla maieutica dell’organo, che in quell’occasione non suonò; perché, se così fosse avvenuto, nonostante la sua rozzezza, avrebbe piuttosto avuto da lamentarsi del contrario col sacerdote, e cioè della brevità della esecuzione, lunga per quanto potesse essere stata.
Quale magia, quella dell’organo!
Esso opera sull’uditore una ‘maieutiké’, che – a somiglianza di quella dei greci, che da un corpo di donna porta alla luce un corpicino di neonato – le note dell’organo innescano: da un corpo di carne portano alla luce lo spirito che vi si trova ingabbiato; e, naturalmente la maieuta di questo parto ideale è l’organista!
L’organo ha la potenza di estranearti da te per portarti in quella dimensione di cui parlano i ritornati dal coma, i quali dicono di essersi sentiti per tutta la durata di quella anomala condizione vitale sollevati in alto, e da lì, da quella posizione, di aver potuto osservare se stessi – ma alle problematiche di se stessi estranei – in una condizione di beatitudine goduta ed agognata qualora gli sforzi dei sanitari, controvoglia, li costringano a rientrare in sé.
Questo ci è accaduto, e accade a chiunque si faccia portare dalle note di questo strumento paradisiaco: l’organo.
Mentre fluivano le note di Johann Sebastian Bach, di Lèon Boellmann, di Marco Enrico Bossi, di Vincenzo Petrali, di Jules Massenet e di Louis Viernet, ognuno di noi vagava con gli occhi nell’aere della navata centrale tra le capriate lignee dipinte con raffigurazioni geometriche e di Santi, planando – fuori dal tempo – sul ricostruito pulpito di Andrea Calamech, posto sotto il colonnato di destra, nella sua metà, tra gli arabeschi che lo decorano alla base ed al pilastro, ovvero rimontando sul capitello corinzio e lì districandosi mollemente tra le figure dei volti degli eresiarchi, per poi aleggiare lungo la navata destra tra il complesso dell’Apostolato del Montorsoli.
Un guizzo, ed ecco ripetersi l’aleggio sulla navata opposta, tra le nicchie frontali: le une e le altre ospitanti imponenti statue di Santi; di tra i pilastri dai capitelli corinzi, quindi, zigzagando a sfiorare i marmi degli altari, ricchi di tarsie e cromie marmoree, addossati alle arcate a tutto sesto allineati in una luce fra ogni due colonne; quindi, ancora, riprendendo quota verso l’architrave scolpito con motivi floreali verso un abbraccio con il Cristo pantocratore tra i Santi e verso la bizantineggiante effige della Madonna nera e quelle di S. Agata e di S. Lucia avvolte dal baldacchino in legno e rame di Simone Gulli.
Il volo potrebbe da lì planare adagiandosi sul filo di quella linea ideale che dal varco in alto, nel tetto, piombava giù a danzare sul pavimento la danza delle ore sullo sciatere, oggi celato – come sostiene Franz Riccobono – sotto il pavimento del Montorsoli, che costituiva il vanto di Messina: opera magistrale di Antonio Maria Jaci, condotto in aleggio dalle redivive ali dell’Abate, il cui immortale spirito abbraccia la chiesa.
A queste cose ha condotto gli astanti l’organo Tamburini, il secondo più grande d’Italia ed il terzo in Europa, elegantemente percorso in destrezza, in qua e in là, in su e in giù per le tastiere dalle mani padrone del Maestro Stefania La Manna, in una danza delle dita ben osservabile da ciascuno grazie al grande schermo, che offrendo sul megaschermo la visione della organista ai tasti faceva godere dello spettacolo, mai monotono, della sua superba esibizione di ineguagliabile livello; e sul sottoscritto, nipote del nonno materno Orazio Lo Presti, riproiettavano nostalgicamente la di lui figura, intento a suonare un altro impegnativo organo: lo Jaquot di Catania.
Inutile e prolisso sarebbe qui richiamare le tappe artistiche della ineguagliabile Organista, circa la quale ci attesta la critica essere “ … organista di sicure qualità, incisiva nell’applicazione di un notevole magistero virtuosistico …” a cui altro non potrei aggiungere, se non banalità, mentre il curriculum ben si estrapola dal file dedicato del nostro sito ADSeT e/o da Internet per chi ancora di più volesse accostarsi a questa figura di grande artista del maestro La Manna. Meglio riassumerne l’arte maestra nelle parole che Nino Olivo le ha dedicate, quando la ha ringraziata per averci condotti per mano sulle ali della sua musica attraverso le arti ed il godimento dello spirito; e questa volta non è sufficiente dire solo grazie ADSeT: è doveroso aggiungere: grazie a te, Angelo Miceli che hai ideato e fortemente voluto questo concerto ‘Insieme verso Natale’, e grazie a te, Nino Grasso, ed ai tuoi ‘Amici del Maurolico’ che avete portato a questa magistrale esibizione; ma come non dire grazie Curia per la spiritualità laica che hai voluto regalarci.
Poi, similmente a come il Carducci rientra in sé dal distraente lungo momento poetico che lo aveva fatto avvolgere – dimentico di sé – dalla nostalgia dei sentimenti, dedicando a quell’essere inconsapevole ritrovata attenzione “Ma un asin bigio, rosicchiando un cardo. Rosso e turchino, non si scomodò: Tutto quel chiasso ei non degnò d’un guardo. E a brucar serio e lento seguitò”, allo stesso modo per noi, usciti dalla Cattedrale poggianti ancora sulle ali dell’esperienza spirituale vissuta nella dimensione incorporea, nella seduzione delle luci della notte è stato il frizzante dell’aria e uno stuzzicante odore di rosticceria che – riimmessi nella corporeità – ci ha riportati alla pragmaticità del vivere, per rammentarci altresì che Natale è anche unione familiare attorno al desco, come lo abbiamo da sempre vissuto: ”Natale con i Tuoi”; e così vogliamo che sia in quella filosofia dell’Unione con il prossimo nella Famiglia umana, che ci ha costituiti in sodalizio.
Per molti di noi, poi, ma senza fa violenza al sentire di nessuno, Natale è il riproporsi di una nascita povera in generosa donazione di sé verso il destino di Croce, nel “Mistero delle Fede”; ma quello è tutto un altro discorso di natura assolutamente personale!