Albania
Angolo nascosto che si apre al mondo
Amo viaggiare. Non appartengo alla categoria di coloro che partono informatissimi sui luoghi da visitare e magari spuntano ogni luogo visto e calpestato elencando i visti sul proprio passaporto. A volte dimentico anche i nomi dei luoghi visitati. Mi piace semplicemente errare e utilizzare i cinque sensi che abbiamo la fortuna di possedere per assorbire tutto ciò che incontro sul mio percorso. Prediligo la gente e i volti, gli angoli nascosti e meno noti, che ritengo più veri e rivelatori di differenti modi di esistere e di “calpestare” il nostro pianeta. La mia ultima zingarata mi ha portato in Albania, un paese che si è rivelato un miscuglio di culture e di religioni che convivono senza attrito apparente.
A proposito di divergenze, per esempio in campo religioso, una frase mi ha molto colpito e dovrebbe essere d’esempio per tutti i popoli: gli abitanti di questo paese dicono curiosamente che la religione dell’Albania è L’Albania. È un luogo che per decenni è stato come un “vicino-remoto”, che dalla condizione di totale isolamento, in cui è vissuta per 50 anni (unico paese ufficialmente stalinista del pianeta), si vede ultimamente catapultato nella modernità. Da dirimpettaio silenzioso che ci parlava solo attraverso i roboanti comunicati di Radio Tirana oggi infatti si sta trasformando in un paese turistico e preso di mira da investitori in cerca di business sfrenati. Il mio vagabondare mi ha portato a visitare le spiagge affollatissime di Durazzo e di Valona, ridotte drasticamente dal cemento di costruzioni selvagge, che mi hanno fatto ripensare agli anni del nostro boom economico quando tutti facevamo del mare, dell’abbronzatura e della “ciccia” simboli di benessere. Quando eravamo disposti a partire con la cinquecento e il portapacchi carico di ogni ben di dio, dalla tenda al canotto, dal fornello a gas al tavolino da campeggio con le relative sedie, compreso naturalmente l’olio super abbronzante e il materassino con il gonfiatore a pedale per trovare il nostro angolo felice sulla battigia. Il viaggio mi ha mostrato anche altri aspetti dell’Albania: la Storia antica della dominazione turca, da apprezzare nelle sue chiese ricche di affreschi , alcuni incredibilmente ben conservati ,e nelle splendide icone nel monastero di Ardenica, la magica Berat, la citta dalle mille finestre, Gjirokaster con la sua splendida fortezza, patrimono dell’Unesco, i resti dell’antica citta romana di Apollonia, il sito archeologico di Butrinto immerso nel verde in una pace immobile nei secoli.
Anche il periodo comunista degli anni settanta è ancora oggi ben visibile nei palazzi e nelle centinaia di migliaia di bunker, costruiti in cemento armato e capaci di ospitare al loro interno tre, quattro, cinque persone, ancora visibili in tutto il paese, spesso adibiti oggi agli usi più impensati . Il mio viaggio si è concluso a Kruja, l’antica capitale albanese, a soli 32 km da Tirana, città simbolo della resistenza anti- ottomana, nonché città dell’eroe nazionale Scanderbeg. Essa sovrasta la sottostante pianura posta come intermezzo tra l’Adriatico e le montagne offrendo un panorama spettacolare. La gente che ho incontrato in giro è visibilmente proiettata verso la conquista del benessere e con esso si intravedono già tutti gli errori e le brutture che lo accompagnano: ecomostri in posizioni improbabili, campagne che si svuotano a favore dei grandi centri superaffollati e spesso disinteressati alla conservazione delle antiche bellezze.
Radio Tirana
lettere dal passato
Definita “ la voce dell’Albania al mondo”, questa emittente ,nata nel 1938, è sopravvissuta ai vari avvicendamenti politici e ai capricci della Storia.
Ha saputo strappare applausi e infastidire con il suo segnale persino la BBC. Ha continuato a parlare dopo gli invasori italiani, quelli tedeschi , durante gli anni bui della dittatura comunista e parla ancora oggi. Proprio durante l’ultima tappa del mio viaggio, l’Albania mi ha regalato una sorpresa. A Kruja, l’antica capitale albanese, a soli 32 km da Tirana, città simbolo della resistenza anti- ottomana, nonché città dell’eroe nazionale Scanderbeg, curiosando nel bazar tra i soliti ormai standardizzati souvenir, ho scoperto uno scatolone di lettere manoscritte tra il 1960 e il 1990, che mi ha fatto esultare come se avessi trovato un tesoro. La scrittura a mano è in assoluto la mia passione più grande e non perdo occasione di cercare tracce d’inchiostro ovunque io vada.
Molte di questi scritti sono indirizzati proprio alla celeberrima Radio Tirana (dalla Francia, dalla capitale, da paesi albanesi) mentre altre raccontano storie di vita e di affetti. Ne ho acquistate alcune. Grafie differenti di donne e uomini che usano lingue diverse, che ci raccontano un pezzo di storia, di piccoli grandi avvenimenti, di semplicità e di famiglia e sono rivelatrici di un tempo andato, un tempo ancora schiavo del regime che non conosceva le atrocità della nuova guerra ormai alle porte che ha interessato la zona dei Balcani. Ne riporto alcune immagini e alcuni stralci tradotti:
Un cittadino francese, Maurice (lettera 2), scrive così:
“Cari Camerati e Amici, (….) non riesco ancora a captarvi, anche se riesco invece a sentire praticamente tutte le altre Radio in Europa.
Un cittadino albanese dal nome intraducibile scrive all’ amico Hvni a Lushnje (lettera 3), raccontando dei propri figli: “(…)Elisa è sempre là dove era prima, Mandi è impiegato nel Palazzo del Parlamento come capo del Protocollo e spero che l’abbiate visto anche voi in televisione. Altini si è fidanzato con una ragazza che studia in Ungheria(…) E’ vero che è passato molto tempo da quando ci siamo visti. (…) Mando tanti saluti da Lisa, i figli e anche da me. Io vi saluto col cuore.”
E’ impossibile non domandarsi dove siano gli autori e i destinatari di queste missive. E’ naturale pensare a come siano oggi le loro vite e quella delle loro famiglie e se siano ancora viventi. Ogni piccola storia è una grande Storia e contribuisce a formare il corso del Tempo. Loro hanno lasciato il loro piccolo/grande contributo: lo hanno affidato alla carta “in punta di penna” con le tracce del loro inchiostro.