Lactarius tesquorum MalenÇon 1979
Un fungo tipico dell’ambiente mediterraneo.
Le ultime giornate con le quali l’anno 2016 sta per lasciare il posto al nuovo in arrivo, caratterizzate, da noi, a Messina, dalla presenza di un meraviglioso tiepido sole che, nonostante le basse temperature, invoglia un nutrito gruppo di soci del “Centro di Cultura Micologica”, ad avventurarsi, oggi 30 dicembre, come spesso si è soliti fare, sui vicini monti Peloritani, in località Castanea, alla ricerca di “verdura selvatica”, senza tralasciare, tuttavia, l’ormai radicata passione micologica che, in maniera meccanica e naturale, spinge il senso della vista alla ricerca di qualsivoglia forma fungina.
In tale contesto, come spesso accade, nonostante la stagione poco propizia, ci imbattiamo (Franco Mondello e Angelo Miceli) in alcuni carpofori facilmente identificabili quali appartenenti al Genere Lactarius. Ancora una volta, abbiamo la possibilità di fruire di una delle tante lezioni effettuate, in habitat, dall’amico-micologo, Franco Mondello, il quale dall’attenta osservazione delle caratteristiche morfo-cromatiche dei carpofori, dopo essersi soffermato sulla similarità tra gli stessi ed altri appartenenti allo stesso Genere, identifica il protagonista della nostra nuova “Riflessione Micologica” quale Lactarius tesquorum, specie tipica dell’ambiente mediterraneo.
La nostra curiosità micologica, ancora una volta sollecitata, riceve l’input necessario ad approfondire l’argomento.
Nella sistematica micologica viene posizionato nella classe Basidiomycetes, Ordine Russulales, Famiglia Russulaceae, Genere Lactarius, Sezione Piperites. Sottosezione Piperites.
Al Genere appartengono specie fungine caratterizzate dalla presenza nella struttura del carpoforo (cappello, lamelle, gambo), di una sostanza latiginosa più o meno densa chiamata “latice”, contenuta all’interno di “tubi laticiferi” che fuoriesce in maniera più o meno abbondante alla frattura del carpoforo. Per tale caratteristica risulta semplice, anche per i meno esperti, determinare con facilità il Genere di appartenenza dei singoli carpofori, anche se non è sempre semplice – anzi è piuttosto difficoltoso – pervenire con esattezza al riconoscimento della specie.
Alla Sezione Piperites, appartengono specie fungine caratterizzate da cappello ricoperto, nella totalità o solamente al margine, da peluria più o meno lunga, persistente o che svanisce verso la maturazione e dalla presenza di latice bianco immutabile o virante verso un colore giallastro.
Volendo approfondire l’argomento, è opportuno precisare che la Sezione è divisa in due Sottosezioni: Piperites, nella quale è inserito il protagonista della nostra “Riflessione Micologica”, caratterizzata da specie con latice bianco immutabile e Scrobiculati alla quale appartengono specie con latice bianco virante al giallo solforino.
- Latcarius tesquorum MalenÇon 1979
Cappello: di piccole-medie dimensioni, inizialmente piano-convesso, poi leggermente depresso al centro, sodo e poco carnoso. Colore inizialmente crema-carnicino, tendente, a maturazione, verso il crema-giallognolo, con sfumature rosate nella zona discale. La superficie è, omogenea, non zonata e ricoperta da una fitta ed appiccicosa peluria che gli conferisce un aspetto bambagioso, lanoso. Il margine si presenta inizialmente involuto poi disteso, ricoperto da peli lunghi che risultano meno evidenti verso la maturazione.
Lamelle: mediamente fitte, adnate (quando si inseriscono sul gambo per tutta la loro altezza) o leggermente decorrenti (quando prolungano la loro inserzione sul gambo), intervallate da lamellule (struttura similare alle lamelle che si interpone tra le lamelle stesse, con dimensioni minori. Ha origine dal margine del cappello e si interrompe prima di giungere al gambo) inizialmente di colore crema-pallido con sfumature rosate, poi, verso la maturazione, di colore crema-giallino sempre con sfumature rosate.
Gambo: molto corto, cilindrico, rigonfio nella zona centrale ed attenuato verso la base. Inizialmente farcito, presto cavo, ricoperto da una pruina biancastra nella parte superiore ove spesso si presenta con una zona circolare rosata. Quasi concolore al cappello e biancastro per effetto della pruina, più chiaro verso la base. Generalmente non scrobicolato, a volte con piccoli scrobicoli (piccole depressioni o fossette a forma più o meno circolare che ornano il gambo di alcune specie fungine – tipicamente quelle appartenenti al Genere Lactarius) concolori verso la base.
Carne: biancastra con sfumature carnicine, odore leggero, gradevole, fruttato. Sapore acre.
Latice: scarso, di colore bianco, immutabile anche se isolato e dopo parecchie ore, sapore molto acre.
Habitat: tipico della macchia mediterranea ove si riproduce in simbiosi con il cisto, in particolare con Cistus monspeliensis e Cistus salvifolius. Da autunno inoltrato fino a tardo inverno.
Etimologia: dal latino “loca tesqua” = “landa desertica” con espresso riferimento al suo habitat di crescita caratterizzato da macchia mediterranea.
Nomi dialettali: Pucchiariellu: nome dialettale cosentino; Funciu i Pucchiu: nome dialettale del Pollino (Cosenza); Marieddhu: nome dialettale del Salento (Lecce): Amarieddhu i mucchiu (nome dialettale di Mesagne (Brindisi)
Ritrovamento attuale:
ad opera del micologo Franco Mondello e di Angelo Miceli (Centro di Cultura Micologica – Messina) in località Monti Peloritani – Messina – Villaggio Castanea delle Furie, C.da Tonnaro – in ambiente tipicamente mediterraneo a circa 400 – 450 m. s. l. m., caratterizzato dalla presenza di Erica e Cisto: Cistus salvifolius
Descrizione della raccolta:
numero 6 esemplari di medie dimensioni che evidenziano le caratteristiche tipiche della specie: cuticola bambagiosa con fitta peluria maggiormente accentrata lungo il margine pileico; gambo molto corto con zona anulare rosata nella parte apicale; latice scarso bianco immutabile; habitat tipico legato alla presenza di Cisto: Cistus salvifolius.
Specie similari:
- Lactarius mairei, specie anch’essa reperibile in habitat mediterraneo ma legata in simbiosi con quercia; presenta il gambo più slanciato; il cappello ornato da peli riuniti a ciuffi; il latice che ingrigisce sulle lamelle;
- Lactarius tominosus, di dimensioni maggiori e superficie pileica ornata da peli più lunghi; habitat tipico boschivo simbionte con Betulla;
- Lactarius pubescens, dal portamento tozzo, gambo corto, cappello ricoperto da uno strato bambagioso, margine, negli esemplari giovani, caratterizzato da una fitta e ben evidente peluria; habitat tipico boschivo, simbionte con Betulla.
Curiosità nomenclaturali:
La specie, tipica di habitat costiero-mediterraneo, legata alla presenza di cisto, in particolare Cistus salvifolius, venne descritta, per la prima volta, in tempi recenti (1979), dal micologo George MalenÇon (Parigi 1898 – 1984), tuttavia si ritiene che la stessa sia stata precedentemente raccolta e non riconosciuta come specie a se stante per la particolare similarità con specie diverse appartenenti allo stesso Genere ma tipiche di habitat boschivi. In merito è opportuno sottolineare che precedenti raccolte effettuate in zona costiera mediterranea da diversi studiosi come Maire e Werner, Bertault, Corrias, Laviano, in epoche precedenti ed identificate come L. pubescens e/o L. torminosus, specie tipicamente legate in simbiosi micorrizica con betulle, siano da ricondurre a L. tesquorum in quanto nelle zone costiere dove le raccolte sono state effettuare ben difficilmente si possono trovare le betulle (M. T. Basso 1999).
Note sulla commestibilità e tossicità:
Viene ritenuto, in letteratura, NON commestibile a causa del sapore acre e di sospetta tossicità. Nel Salento è un fungo molto conosciuto con il nome volgare “marieddhu”. Risulta essere molto ricercato e consumato, tanto che viene venduto nei mercati rionali ad un prezzo molto vicino a quello dei Porcini.
E’ buona norma ritenere che solo i lattari secernenti latice rosso – rossastro, ovvero quelli appartenenti alla Sezione Dapetes, siano da ritenere commestibili, limitandone il consumo, tra le varie specie, soltanto ai Lactarius deliciosus, L. sanguifluus, L. sanguifluus Var. violaceus e considerando tutte le altre di scarso valore gastronomico. Alcune specie a latice bianco di sapore mite, come ad esempio L. volemus e L. porninsis sono ritenute commestibili ma ne sconsigliamo il consumo ai fini precauzionali al fine di evitare confusione con specie tossiche. Si ritiene opportuno sconsigliare, nella maniera più assoluta, al fine di evitare spiacevoli conseguenze, il consumo delle specie a latice bianco e con sapore acre o pepato anche se alcune di queste, come il protagonista della nostra “Riflessione Micologica”, come sopra precisato, vengono regolarmente consumate.
Al genere non appartengono specie velenose ma solo tossiche in grado di provocare disturbi più o meno gravi in considerazione della quantità consumata e delle condizioni fisiche del consumatore. Sono da considerare assolutamente tossiche le seguenti specie: Lactarius vellereus; L. helvus; L. torminosus; L. turpis; L. piperatus; L. scrobiculatus ritenute responsabili di sindrome gastroenterica a breve latenza (quando i sintomi dell’intossicazione si presentano entro 6 ore dal consumo).
Foto: archivio micofotografico del Micologo Franco Mondello
Bibliografia:
- Basso Maria Teresa – 1999: Lactarius Pers., Funghi Europaei Vol. 7. Mykoflora, Alassio (SV)
- Boccardo Fabrizio, Traverso Mido, Vizzini Alfredo, Zotti Mirca – 2008: Funghi d’Italia. Zanichelli, Bologna (ristampa 2013)
- Bonazzi Ulderico: Dizionario dei nomi volgari e dialettali dei funghi in Italia e nel Canton Ticino. A.M.B. Fondazione Centro Studi Micologici, Trento
- Consiglio Giovanni, Papetti Carlo – 2009: Atlante Fotografico dei Funghi d’Italia, Vol. 3. A.M.B. Fondazione Centro Studi Micologici, Trento
- Cetto Bruno – 1970, I funghi dal vero, Vol. 5. Saturnia, Trento
- Foiera Fabio, Lazzarini Ennio, Snabl Martin, Tani Oscar, -1998, Funghi Lattari, Calderini edagricole, Bologna