Messina: il terremoto del 28 dicembre 1908.

Considerazioni sui soccorsi italiani in città, tratte da una lettera riservata del Colonnello Charles  DelméRadcliffe inviata all’Ambasciatore britannico Sir R.Rodd.

Nei giorni che seguirono il 28 di dicembre del 1908 unanime fu la rabbia se non la disperazione di quei messinesi che, scampati al disastro del terremoto, furono oppressi da una colpevole disorganizzazione dei soccorsi che causò-secondo molti- danni alla città e alle persone  maggiori di quelli prodotti dal sisma. E’ ormai unanime il parere che l’intervento dell’esercito italiano, le lungaggini della burocrazia “piemontese” e le decisioni del Governo di Roma che imposero poi anche inutili demolizioni del patrimonio edilizio ed architettonico della città, che il sisma aveva salvato, modificarono ulteriormente il volto storico e l’identità della città. 

Un inglese, testimone attendibile perché non interessato alle beghe politiche e agli interessi economici messinesi e italiani, lasciò un resoconto oggettivo di quanto accadde in città in quei primissimi giorni che seguirono quel 28 di dicembre. Il terremoto che colpì la Sicilia nord-orientale e le ultime propaggini del territorio calabrese sullo Stretto alle ore 5:20 del 28 dicembre 1908 percepito dalla popolazione per 30-40 secondi, è noto che è stato uno dei più forti mai registrati dalla storia dei terremoti in  Italia.

La scossa tellurica del 28 dicembre 1908 registrata a Vienna

Le onde sismiche tra il X e XI grado della scala Mercalli determinarono gravissimi effetti,   con  l’ estesa distruzione  del patrimonio edilizio civile e storico-monumentale della città di Messina, dove  un gran numero di edifici pubblici e privati crollarono  o furono danneggiati. Si aggiunsero l’interruzione delle reti dell’acqua, del gas, dell’elettricità, del telegrafo e del telefono e dei collegamenti ferroviari con le città vicine.  Altissimo il numero delle vittime, secondo il Ministero dei lavori Pubblici (1912) circa 50.000, il 45% degli abitanti. 

Distruzioni e vittime dopo il terremoto

A fronte della gravità di quanto era accaduto e della conseguente condizione di grave disagio in cui si trovava la popolazione sopravvissuta, a livello nazionale non vi fu nelle prime ventiquattro ore successive alla scossa tellurica, alcuna chiara consapevolezza della gravità della realtà che si viveva a Messina.

Distruzioni nel centro della città

Mancarono immediati soccorsi anche per l’assenza di  una competente e riconosciuta superiore autorità individuale  preposta per dare avvio e gestire in modo unitario e coordinato il pronto intervento. Non esisteva infatti, in quegli anni, alcuna  organizzazione statale o comunale preposta  in ordine alle  procedure e alle azioni di assistenza necessarie  da mettere in atto nell’immediato nelle calamità naturali. Le prime notizie del disastro messinese arrivarono a Catania, portate da una nave, solo alle ore 3.00 del pomeriggio dello stesso giorno  e alle ore 9,30 del giorno dopo,  una compagnia di militari di soccorso giungeva in città seguita alle ore 14 dall’8°  Reggimento Bersaglieri dell’Esercito italiano. Il Presidente del Consiglio Giovanni  Giolitti apprendeva la notizia solo la sera di quel 28 dicembre.

I giornali danno la notizia del terremoto

L’Italia il 29.  Il 2 gennaio il re Vittorio Emanuele III firmava un decreto (Gazzetta Ufficiale del 4 gennaio 1909) che, in assenza di una normativa specifica per affrontare e regolare la complessa materia dei soccorsi, applicava a quella realtà di post terremoto messinese e calabro le norme previste per le situazioni di guerra, e conseguentemente  dichiarava  “Lo stato d’assedio a Messina e istituiva un tribunale straordinario di guerra dal 4 gennaio al 14 febbraio 1909” e nominava un militare, il Generale Francesco Mazza, Regio commissario con pieni poteri per gestire l’emergenza, togliendo al sindaco della città Gaetano D’Arrigo Ramondini , ogni potere decisionale. Le cronache del tempo dicono che il Generale Mazza si rivelò incapace di gestire la complessità dei soccorsi, il suo operato fu molto criticato sia dalla stampa sia dal Governo.  I cittadini messinesi si trovarono così  a vivere in una realtà considerata dal Governo di Roma analoga ad una condizione di guerra gestita da militari che imponevano  alla popolazione  vincoli e  regole da rispettare che non potevano certamente essere applicabili e tollerabili dai cittadini sopravvissuti in un contesto emergenziale conseguente ad una catastrofe civile.  L’illogica realtà esistenziale imposta consentì poi alle forze militari italiane, nella confusione generale, di macchiarsi anche di  innumerevoli abusi e crimini ai danni della indifesa popolazione terremotata, rubando denaro e gioielli nelle case  e dai corpi dei cadaveri o dei moribondi  e mettendo in atto pure   fucilazioni sommarie di cittadini messinesi perché trovati  a scavare tra le macerie, scambiati in alcuni casi senza averne certezza, per “sciacalli”. Crimini poi denunciati dalla stampa nazionale.

Un  testimone in particolare, tra i tanti che dopo quel 28 dicembre del 1908 scrissero del terremoto messinese e calabro,  descrisse con chiarezza quanto furono inadeguati e insufficienti gli interventi a favore della popolazione disposti dal Governo italiano,  un inglese, il colonnello Charles Delmé-Radcliffe Attaché militare della Marina Britannica, inviato a Messina con la sua nave Therapia per prestare soccorso alla popolazione.  

Nave inglese Therapia inviata a Messina

Il colonnello Delmé-Radcliffe, giungeva a Messina dopo il disastro  al comando della sua nave Therapia la notte del 31 dicembre. Egli inviava il 22 aprile del 1909 all’Ambasciatore Sir. R. Rodd  a Roma un suo rapporto riservato completo e dettagliato, ma non privo di ironia e sarcasmo, assicurando di completarlo successivamente, nel quale esponeva  quanto aveva visto  a Messina  in quei primi giorni successivi al terremoto e dava notizie  sulla gestione italiana dei soccorsi. La sua descrizione di quegli avvenimenti non mancava anche di personali valutazioni fortemente critiche, in considerazione dell’inefficienza dell’organizzazione dei soccorsi che lui rilevava, e il suo pessimo giudizio sulle qualità umane ed intellettuali degli italiani e dei siciliani in particolare. Popolo il secondo da lui ritenuto dal carattere particolarmente indolente e incapace di prendere decisioni autonome e in possesso di valori moralmente negativi tramandati nei secoli. 

In anni in cui era accettata da molti la teoria “evoluzionistica” applicata alla psicologia , la condotta dei messinesi in quei concitati momenti, che lui disapprovava, lo convinceva, così come scrive, che i  siciliani appartenevano: “ad una razza umana biologicamente e storicamente inferiore”.

La Palazzata di Messina dopo la scossa

La relazione del colonnello Delmé-Radcliffe  ci è utile per avere, aldilà delle sue convinzioni razziali, interessanti e certe notizie sulla qualità della vita dei messinesi in città dopo il terremoto e sulle probabili concause che determinarono  i tanti danni e le innumerevoli vittime. Egli inizia a considerare il livello tecnico degli edifici della città. Sostiene che il gran numero di vittime era stato causato soprattutto  per l’insufficiente solidità degli edifici, costruiti non rispettando le norme edilizie che dopo il precedente terremoto del 1783 avevano stabilito che non si costruissero in città edifici con più di un  piano. Nota che essi erano formati con “cattivi materiali”, spesso con “grandi pietre levigate dal mare” e la maggior parte si elevava fino a “… quattro o cinque piani o anche sei piani e formavano grandi edifici chiamati “Palazzi”, abitati da centinaia di persone”, dove, rileva, si ebbe un gran numero di vittime. Egli così ancora commenta: “Se questa norma fosse stata osservata oggi avremmo avuto un minor numero di vittime”, “had this law been observed…” La presenza di questi grandi palazzi confermava-a suo parere- la sostanziale  “inaffidabilità” e la natura irrazionale del carattere dei siciliani il cui:  ”… mancato rispetto delle leggi è una di quelle caratteristiche innate ai Siciliani”. 

Delmé-Radcliffe  continua  passando a considerare e denunciare il comportamento disonesto di molti cittadini che, non avendo subito danni dal terremoto abitando per loro fortuna nelle modeste e piccole case nei villeggi vicini alla città, approfittando dell’occasione propizia , si diedero al saccheggio in città, derubando anche   “i morti, i vivi e i feriti” e oltraggiando le donne indifese; “Sembra che non ci fosse limite alla profondità dell’infamia alla quale questi ruffiani siciliani sarebbero sprofondati”

La relazione del colonnello inglese prosegue con osservazioni critiche  sull’assistenza ai cittadini.

Per l’inefficienza dei collegamenti tra le forze militari italiane presenti in Sicilia, la notizia del terremoto era arrivata alla vicina città di Catania solo alle ore 19 del 28 dicembre, “ the first telegram sent had not reached Catania at all, and the second only at 7.00 p.m….” e successivamente a Roma. Le prime forze di soccorso si videro a Messina solo la sera del 29 sotto il comando del Generale Francesco Mazza , nominato Comandante in capo e plenipotenziario degli interventi italiani; il 3 gennaio i militari presenti a Messina erano oltre 12.000. La nave-ospedale “Campania” per curare i feriti arrivò in porto il 2 gennaio. Era evidente, per l’inglese, l’incapacità degli ufficiali italiani di selezionare razionalmente le priorità da mettere in atto, con conseguenti ritardi  e lentezze.

Il colonnello osservando l’attività dei marinai italiani impegnati nei soccorsi, si meravigliava  nel costatare che , mentre i marinai russi e inglesi, già presenti in città, scavavano alla ricerca di superstiti, essi erano inattivi sempre pronti a: “bighellonare e discutere gli ordini ricevuti” , “lavorano fino alle ore 11,30 e riprendono solo nel pomeriggio. Sono soddisfatti di oziare in giro, fumare sigarette e cercare fucili”. Continua ancora, anche esprimendo severi giudizi sulla popolazione: “… il 90% dei messinesi soleva rifiutarsi ottusamente di muovere un dito per aiutare se stessi, molto meno chiunque altro e che fosse dovere del resto del mondo nutrirli, vestirli, alloggiarli e fornire loro beni di comodità”. Ci consola che subito dopo così prosegue: “Naturalmente non tutti possono essere inclusi in una così ampia generalizzazione”. Il colonnello, con espressioni ironiche ritiene essere necessariamente innate nei messinesi quei comportamenti negativi asociali,

tuttavia afferma che:”… essi sono docili e, entro i limiti imposti su di essi dalla loro razza e natura

( considerata inferiore), sono pronti a fare del loro meglio. Se adeguatamente comandati;( If properly commanded) ”.  In città in quelle ore oltre a dissotterrare i cadaveri si auscultavano le macerie  per percepire possibili lamenti di sopravvissuti. Nei giorni successivi arrivarono in porto un gran numero di navi italiane e straniere con provviste e materiali vari di soccorso. 

Delmé-Radcliffe,  nella sua relazione non manca  di esaltare le gesta eroiche dei suoi connazionali britannici residenti a Messina in quella contingenza e la gran quantità di provvidenze  inviate dalle comunità del Regno Unito residenti in  Italia e in Europa e l’efficienza della marina inglese nel portale in città. Il suo commento è invece particolarmente severo sulle modalità di gestione e utilizzo da parte del Comando italiano delle  tante provviste giunte:”… la confusione nella gestione e distribuzione dei tanti rifornimenti che giungevano era enorme”.    

Osserva che le merci non  venivano  né selezionate nè etichettate sulle navi italiane e pertanto quando venivano scaricate sulle banchine portuali  risultava introvabile qualsiasi cosa: “The ships came unsystematycally loaded…”. E inoltre che il disordine e la disorganizzazione sulle navi italiane e poi sui moli portuali causarono un enorme spreco di provviste anche sanitarie motivo per cui mancavano negli ospedali attrezzature chirurgiche indispensabili, anestetici, bende materiale da medicazione, biancheria pulita, perché lasciate colpevolmente alle intemperie o perché rubate. La sporcizia dice che era presente ovunque.

Il colonnello continua considerando, con freddo anglosassone distacco dalle sofferenze cui assisteva,  che alla fine il terremoto messinese e calabro si era trasformato in una opportunità, una “lezione”: “…she could draw lessons of great value…”per lo Stato italiano perché aveva dato la possibilità di verificare l’assenza di collaborazione tra i suoi servizi navali e militari e lo stato di inefficienza dei   servizi di comunicazione e logistica e soprattutto di quelli medici e di rifornimento.  Particolarmente severo il giudizio del colonnello Delmé-Radcliffe sul comportamento degli ufficiali del comando militare italiano perché secondo lui, essi avrebbero preferito far morire nelle sofferenze i messinesi piuttosto che far apparire la loro incapacità nell’affrontare la complessità dell’emergenza, motivo per cui  fecero di tutto per impedire che gli stranieri intervenissero in città. L’invito  fu invece rivolto personalmente  dal Re d’Italia quando, giunto a Messina, costatò l’inefficacia dell’intervento dei suoi militari. Delmé- Radcliffe commenta amaramente che se l’aiuto dell’intervento straniero fosse stato accettato nelle prime ore quando offerto, un gran numero di messinesi si sarebbe salvato. 

Il colonnello inglese, come è stato evidenziato, usò nella sua relazione parole molto critiche e dure  verso i militari italiani, pur riconoscendo le oggettive difficoltà in cui essi si trovarono ad operare, salvando dai suoi negativi giudizi- forse per diplomatica prudenza- soltanto i componenti dello Stato Maggiore. Tuttavia, nonostante i limiti dimostrati, afferma, solo “l’Esercito e la Marina  restano di gran lunga  gli organismi più efficiente del Paese  per trattare una tale emergenza”.  

Sappiamo da altre fonti che, superata l’emergenza dei primi giorni, i dipendenti civili statali e comunali, costretti dalla pressione politica,  rientrarono nelle loro mansioni e sostituirono dal 14 febbraio i militari nella gestione della città, conseguentemente, per la loro nota inefficienza, l’organizzazione dei soccorsi e la ripresa della città rallentarono notevolmente. Non pochi, compresa la stampa nazionale, denunciarono che chi aveva il controllo e la gestione dei mezzi di soccorso destinati ai terremotati in modo fraudolento li sottrasse per averne un illecito tornaconto economico. 

Prevalsero nel tempo in città, gli interessi personali dei singoli e delle consorterie politiche attratti dai cospicui contributi in denaro che  giungevano da tutta Europa  per la ripresa. Delmé-Radcliffe scrive:  “ When the troops left, nothing was done except from interested motives…”, anche le scorte destinate al soccorso dei sofferenti :”… occurred of their converting to their own use…” 

 Inoltre informa il suo interlocutore che“ la disonestà delle autorità civili  è un grande svantaggio per l’Italia”. Consola che qualche nota positiva sul popolo italiano compare alla fine della relazione del Colonnello, con alcune parole di apprezzamento per il lavoro di coordinamento dello Stato Maggiore italiano e per la celerità con cui le truppe militari partirono da Napoli, Roma e Palermo per intervenire a Messina.

L’insistente denuncia ai suoi superiori britannici della inefficienza e disonestà delle amministrazioni civile e militare italiana voleva essere, nelle  intenzioni del Colonnello, anche una preoccupata informazione dell’inaffidabilità del sistema Italia, “ in this state of affairs the greatest weakness of the italian naval and military forces became strikingly apparent” perché se ne tenesse conto a livello ministeriale in considerazione del fatto che in quegli anni nella sua patria si discuteva di una possibile alleanza militare tra Regno Unito e Italia in caso di guerra contro l’Impero Austro-Ungarico. Patto che fu poi stipulato il 26 aprile 1915, realtà sicuramente disapprovata dal colonnello Delmé-Radcliffe.

Bibliografia

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E. Guidoboni, D. Mariotti, G. Bertolaso, E. Boschi, G. Valensise, Il terremoto e il maremoto del 28 dicembre 1908, analisi sismologica, impatto, prospettive, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, 2008, Roma

G. Longo, Un duplice flagello,terremoto 28 dicembre 1908 e il Governo italiano , 1911, Ed. Edas Messina,1978.

Provincia Reg. di Messina,1908,Marinai Russi a Messina,, Messina 2006 

Le cartoline raccontano:Messina Ed G.B.M.1985-XII

Messina e Reggio, 28 XII 1908-29 XII 1908, Ed. Bonaninga, Messina,1977

Provincia Regionale di Messina, 1908, Marinai Russi a Messina, Messina 2006.

Le fotografie riportate sono tratte dai testi: Messina e Reggio, 28 XII 1908-29 XII 1908, Ed. Bonaninga, Messina,1977- Provincia Regionale di Messina, 1908, Marinai Russi a Messina, Messina 2006