Tre secoli di alluvioni a Messina

Volendo mantenere l’impegno assunto con la nota Alluvioni e lacrime di coccodrillo pubblicata su questo stesso sito, ripropongo una sintesi della recensione del mio libro sulle alluvioni storiche di Messina apparsa su LItalia Forestale e Montana, periodico edito dall’Accademia Italiana di Scienze Forestali di Firenze. E ciò prima che arrivi la buona stagione, quando il tema entrerà in letargo e saranno solo un ricordo i nubifragi che a ottobre e novembre di quest’anno hanno messo a soqquadro buona parte della Sicilia, con danni incalcolabili all’agricoltura e a molti centri abitati, e l’immancabile tributo di vite umane. Salvo a svegliarci di soprassalto, increduli come fosse la prima volta, all’arrivo delle prossime piogge autunnali, e dare inizio ai soliti riti: “una pioggia così violenta non si era mai vista”, “a memoria d’uomo non si ricorda una cosa del genere” e così via (faccio osservare che la provincia di Messina solo per caso è stata coinvolta di striscio dagli eventi atmosferici ora ricordati: si può immaginare cosa sarebbe accaduto se fosse stata investita alla stessa stregua di Catania, Randazzo, Scordia, Augusta, Sciacca, Termini Imerese, …). 

Ciò che segue è la recensione sopra evocata.

Prendendo le mosse dalla devastante alluvione abbattutasi il primo ottobre 2009 sul piccolo comune di Scaletta Zanclea e sui villaggi di Altolia, Giampilieri, Guidomandri, Itala e Molino, tutti ricadenti nella zona sud di Messina (bilancio: 37 morti, 1.656 sfollati, un gran numero di case inagibili, opere pubbliche distrutte e infinite sofferenze umane), l’Autore ha inteso verificare se l’evento fosse da annoverare tra quelli così detti “imprevisti e imprevedibili”, come da più parti sostenuto dopo la tragedia, o se tale poteva apparire soltanto per difetto di conoscenze. A tale scopo, attingendo a tutte le fonti disponibili (libri, annali, giornali, riviste, archivi di enti pubblici e di associazioni culturali) è stata ricostruita la serie storica delle alluvioni descritte negli ultimi tre secoli per Messina e dintorni e, parallelamente, quella dei dati rilevati dal Servizio Idrografico Regionale nel periodo 1924-2009 in alcune stazioni termo-pluviometrici locali. La ricerca è stata completata da notizie sintetiche sull’ambiente fisico di riferimento e dalla rievocazione puntuale del faticoso e incerto cammino, ideale e materiale, avviato nella seconda metà dell’Ottocento, che in un centinaio di anni ha portato alla formazione del pregevole manto boschivo che ricopre in atto tutta la dorsale peloritana. Una corposa Appendice, infine, riproduce i documenti originali consultati.

A) L’ambiente fisico

L’indagine si concentra su Messina e gli altri centri adagiati ai piedi della cuspide orientale dei Monti Peloritani, il primo segmento in terra di Sicilia della composita formazione geologica nota come Arco Calabro-Peloritano, costituito in prevalenza da rocce metamorfiche tra le più antiche d’Italia (gneiss, scisti, micascisti, graniti, ecc.), frutto di lunghe e complesse vicende geologiche e tettoniche durate fino a 1.700 milioni di anni.

Emanazione diretta di tale struttura geologica è la tormentata morfologia dei luoghi, contrassegnata da una teoria interminabile di picchi aguzzi, esili crinali, valli profonde, costoni precipiti, così come testimonia la toponomastica locale in cui i termini che più ricorrono sono Pizzo, Puntale, Antenna, Serra, Forra, Vallone e simili.

Le pendenze dei versanti sono sempre elevatissime (15-20% in media, con punte del 50% ed oltre), ciò che spiega perché in pochi minuti di macchina si può guadagnare lo spartiacque principale che si sviluppa intorno agli 800-1000 metri in media dove, peraltro, si aprono spettacoli insospettabili di grande suggestione sullo Stretto, la Calabria, le Isole Eolie, il Golfo di Patti e perfino l’Etna. 

Il sistema idrografico, a sua volta, si presenta come una fitta ragnatela di torrentelli sottesi da modesti bacini imbriferi protesi minacciosamente sulla costa, dove massima è la concentrazione degli agglomerati urbani e delle principali infrastrutture civili (strade statali, autostrade, ferrovie, aree portuali). Basti pensare che nel solo territorio comunale di Messina, esteso poco più di 21 kmq, si contano ben 74 corsi d’acqua classificati, con bacini di raccolta estesi mediamente intorno ai 265 ettari (limiti estremi 20-1.640 ettari), con tempi di corrivazione che non superano i 30 minuti.

Questa in sintesi la situazione che tutti i centri rivieraschi, stretti tra il mare e le erte colline, sono chiamati a fronteggiare in caso di piogge critiche. Si tenga presente che Messina si sviluppa lungo la costa per 34 chilometri, penetrando spesso entro le aree vallive dei corsi d’acqua che l’attraversano in senso ortogonale (classica struttura “a pettine”). 

In presenza di tali e tanti fattori di rischio (fragile geologia, ripidi versanti, piccoli bacini, precipitazioni concentrate in pochi mesi dell’anno, influenza delle correnti lungo lo Stretto), prudenza e buon senso avrebbero richiesto una saggia ed oculata gestione territoriale. È accaduto invece che istanze economiche e sociali contingenti abbiano orientato da tempo verso forme di utilizzazione tutt’altro che razionali, costruendo in zone pericolose, eliminando i boschi residui e spingendo l’agricoltura sempre più in alto, fino ad occupare i terreni più sterili ed impervi. 

Con le conseguenze che non sarebbero tardate a manifestarsi.

 

Foto n. 1 – La città di Messina e lo “Stretto” visti dal Monte Antennamare (1.127 m s.l.m.). In primo piano il torrente S. Filippo.

 

    B) Andamento pluviometrico     

       Nei grafici 1-4 sono sintetizzati i dati pluviometri, opportunamente elaborati, rilevati dal Servizio Idrografico Regionale, come detto, dal 1924 al 2009. I quali evidenziano processi non sempre scontati, che così si possono riassumere: 

     – A parità di quota e di esposizione, stazioni pluviometriche distanziate anche pochi ettometri l’una dall’altra fanno registrare valori molto diversi e profili spesso cronologicamente sfalsati. Lo stesso fenomeno si riscontra facendo variare la sola altitudine. Esempio tipico sono le stazioni di S. Stefano Briga e  del Vivaio Camaro, le cui piovosità medie annue differiscono di appena 100 mm a favore della seconda, pur trovandosi quest’ultima ad una quota 4 volte superiore (Grafici 1 e 2). Tutto ciò spiegherebbe la distribuzione molto localizzata degli eventi alluvionali, spesso limitati a singole vallate; 

– In tutte le stazioni esaminate, la pioggia media annua declina progressivamente nel corso del XX sec. secondo curve sinusoidali, con picchi e flessioni distanziati di circa un trentennio, quasi a formare dei micro cicli pluviometrici (Graf. 3). Allorché le medie annue si sostituiscono con le massime mensili, i “dossi” e gli “avvallamenti”, pur mantenendo la medesima successione, risultano enfatizzati (Graf. 4); 

– Assumendo per ciascuna stazione i 10 valori di piovosità più alti nel lasso di tempo considerato (1924-2009), si constata che essi si concentrano per il 60-70% nella prima metà del periodo (Tab.1). Si ponga attenzione in proposito alle piogge cadute a S. Stefano Briga nel 1928 (1.785 mm) e presso il Vivaio Forestale di Camaro nel 1939 (1.696 mm), valori di gran lunga superiori a quelli che oggi fanno spesso gridare al portento.

Tab. 1 – I dieci anni più piovosi nel periodo 1924-2009 relativi alle stazioni pluviometriche sud-orientali di Messina.

In neretto sono evidenziate per ciascuna stazione le massime assolute

C) Eventi alluvionali degli ultimi tre secoli

     Escludendo i secoli XVI e XVII, per i quali i dati raccolti risultano pochi significativi,  dal ‘700 ad oggi le ricerche bibliografiche hanno consentito di individuare per Messina ben 61 alluvioni (16 attribuite al XVIII secolo, 22 al XIX, 20 al XX, 3 al XXI), con un tempo medio di ritorno, dunque, di poco inferiore ai 5 anni. Le 57 alluvioni di cui è nota l’esatta data di accadimento (delle rimanenti 4 si conosce solo l’anno, ma non il mese) si distribuiscono nell’arco dell’anno come in Tab. 3, dalla quale si evince che il 66% delle alluvioni cade nei mesi autunnali (39% nel solo mese di ottobre), il 21% in inverno, l’11% in estate e solo il 2% in primavera (nessun evento si registra nei mesi di aprile e maggio).

      Assai difforme si presenta la loro distribuzione spaziale, perfino all’interno della stessa area edificata di Messina, raggiungendo il massimo di frequenza (40% del totale), proprio nella zona sud della città, quella pesantemente coinvolta dal nubifragio di Giampilieri del 2009, che pertanto è da ritenere tutt’altro che eccezionale. Né sembra casuale che la piovosità annua più alta in assoluto (mm 1.785 caduti nel 1928, come già visto) sia stata registrata a S. Stefano Briga, stazione ricadente nel medesimo comprensorio.

Tab. 3 – Distribuzione degli eventi alluvionali per i quali è nota la data esatta dell’accadimento.

Sostanzialmente congruente con l’andamento pluviometrico evidenziato nei grafici risulta la distribuzione spaziale e temporale delle alluvioni censite (quanto meno dal 1924 ad oggi), trovando le poche eccezioni giustificazione in altri elementi facilmente individuabili, primi fra tutti gli incendi rurali che, privando il terreno in estate della copertura vegetale, consentono nell’autunno successivo a pochi millimetri di pioggia di provocare danni in apparenza spropositati.

Il secolo XIX è il testimone delle alluvioni più catastrofiche che si ricordino a Messina, succedutesi con tale frequenza (22 in cento anni, come visto) da fare temere la totale distruzione della città. Si ricorda che ad ogni alluvione, secondo le testimonianze storiche, vengono stravolti quartieri e villaggi, spazzati via strade e ponti, seppelliti i campi coltivati da detriti, trascinati a mare armenti, provocate decine di vittime. 

Per avere idea della forza distruttiva di tali eventi, valga quanto si legge sull’alluvione accaduta nel mese di novembre 1855 in una lettera inviata all’Accademia dei Georgofili di Firenze dal grande agronomo Pietro Cuppari, docente di Agronomia e Pastorizia presso l’Ateneo di Pisa, ma messinese di nascita. Proprio tale disastro, seguito ad altri parimente catastrofici, aprirà in Città un dibattito serrato sulle cause di tanta rovina e sui possibili rimedi, dibattito che vede scendere in campo organi di informazione, agronomi, forestali, ingegneri, architetti, docenti e ricercatori universitari, semplici uomini di cultura e perfino artisti. Messina appartiene all’intera Sicilia, all’Italia, all’Europa; […] se essa per disgrazia perisse per mancanza di provvedimenti e di cure governative, la vergogna e l’infamia ricadrebbero sulla Sicilia tutta, sopra l’Italia, sopra il suo Governo. Così Giovan Battista Natoli arringava il Consiglio provinciale di Messina nel 1861, certo con buona dose di retorica, ma esprimendo un diffuso sentimento di smarrimento e di precarietà.

Forse non è inutile sottolineare che siamo a metà Ottocento, quando i cambiamenti climatici erano lungi da venire.

NOTE:

Adset: Alluvioni e lacrime di coccodrillo

  • Giaimi G., 2016, Il secondo flagello di Messina. Le disastrose ricorrenti alluvioni e i tentativi di porvi Rimedio, L’Italia Forestale e Montana, 71 (6): 357-369. http://dx.doi.org/10.4129/ifm.2016.6.04
  • Il Servizio in questione viene istituito nell’Isola con D.L. 25 ottobre 1917, ma diventa perfettamente operativo solo nel 1924.
  • Messina A., 2007, La geologia racconta la storia più antica del nostro territorio: i Monti Peloritani, in: Atti della Proposta di Istituzione del Parco Naturale dei Monti Peloritani. Assessorato Territorio e Ambiente, Palermo.
  • Assessorato Territorio e Ambiente Regione Siciliana, 2006, Piano Stralcio di Bacino per l’Assetto Idrogeologico.
  • Assessorato Territorio e Ambiente Regione Siciliana, 2003, Aggiornamento del Piano Straordinario per l’Assetto Idrogeologico del territorio comunale di Messina, Decreto 4 marzo 2003, GURS, Parte I, n. 16. 
  • Per tempo di corrivazione s’intende quello che impiega la pioggia caduta nel punto più distante di un bacino imbrifero per raggiungere una seziona data del torrente collettore, ad esempio una città.
  • Cuppari P., 1856, Da una lettera inviata all’Accademia dei Georgofili di Firenze, In: Daniele Ingemi, Tempo Stretto, 3 gennaio 2012. (Tale alluvione è stata descritta più dettagliatamente nella nota Alluvioni e lacrime di coccodrillo, di cui alla premessa.
  • Atti Consiglio Provinciale di Messina, 1861, Relazione del Consigliere Giovan Battista Natoli in favore delle arginazioni dei torrenti interni alla città. Messina, novembre 1861.