Phellinus torulosus, una poliporacea dalle grandi dimensioni
Le molteplici sfaccettature del bosco, unitamente alla variabilità dei suoi colori che da una stagione all’altra ne modificano radicalmente l’aspetto presentandolo in una meravigliosa e sempre diversa cornice, ci invitano, anche nella fredda stagione invernale, spinti dalla sempre costante “febbre del fungo”, ad effettuare lunghe e salutari passeggiate che spesso ci portano a piacevoli incontri con specie fungine interessanti, rare, dall’aspetto particolare o, come recentemente avvenuto (febbraio 2018), dalle dimensioni eccezionali: Phellinus torulosus, una comune poliporacea a larga diffusione territoriale che a volte, come nel caso specifico, raggiunge dimensioni apprezzabili, ci fa gioire per il fortuito ritrovamento divenendo, al contempo, protagonista della nostra “Riflessione Micologica”.
Genere Phellinus Quél. 1886
Il genere ospita numerose specie, alcune delle quali recentemente riposizionate nel genere Fuscoporia, a crescita pluriennale (quando l’accrescimento si protrae per più anni consecutivi aggiungendo nuovi strati di crescita su quelli già esistenti), singoli o sovrapposti, con tipica crescita a mensola o a ventaglio; privi di gambo e attaccati lateralmente al substrato di crescita. La superficie sterile si presenta tomentosa (coperta da peluria) ispida o glabra, di colore giallo, bruno, grigio, nero. La superficie fertile, di colore brunastro, è caratterizzata da pori rotondo-angolosi. La carne (contesto) presenta colori variabili, a seconda della specie, dal giallastro al bruno, bruno ruggine, nero, con consistenza suberosa (quando si presenta simile al sughero) o legnosa.
Phellinus torulosus (Pers.) Bourdot & Galzin
Bull. trimest. Soc. mycol. Fr. 41(2): 191 (1925)
Si tratta di un comunissimo fungo parassita che si associa a diverse colture arboree prediligendo fruttificare alla base dell’albero ospite assumendo una tipica forma appianata ed a ventaglio con fruttificazione singola o a più esemplari sovrapposti.
Viene posizionato nel gruppo informale dei Polipori nel quale trovano posto specie fungine con imenoforo a tubuli e pori, asportabile con difficoltà dalla carne sovrastante con la quale forma un insieme strettamente omogeneo
Basionimo: Boletus torulosus Pers. 1818
Nome corrente: Fuscoporia torulosa (Pers.) T. Wagner & M. Fisch., 2001
Posizione sistematica: classe Basidiomycetes, ordine Hymenochaetales, famiglia Hymenochaetaceae, genere Phellinus
Etimologia: dal latino Phellinus = fatto di sughero e torulosus = muscoloso, tarchiato, con riferimento alla consistenza ed alla conformazione robusta
Principali sinonimi: Polyporus torulosus (Pers.) Pers., 1825; Phellinus rubriporus (Quél.) Quél., 1886; Fomes torulosus (Pers.) Lloyd, 1910
Descrizione macroscopica:
Basidioma a crescita pluriennale, sessile (privo di gambo), pileato (munito di cappello), con forma irregolarmente circolare e disposizione a mensola ad esemplari singoli o sovrapposti ad embrice. Molto comune e con larga diffusione territoriale, si associa, in forma parassitaria, quale agente di carie bianca (1), a diverse specie arboree che conduce facilmente a rapida disgregazione, continuando a nutrirsi, dopo la morte dell’albero, in forma saprofitica, dei residui legnosi dell’ospite. Può raggiungere dimensioni considerevoli sino a 45-50 cm di larghezza all’attacco sul tronco.
Superficie sterile più o meno piana, a volte ondulata, solcata, nodulosa, tomentosa (quando per la presenza di peli corti e molto fitti assume, al tatto, la consistenza del velluto), di colore bruno-rossastro, spesso ricoperta da formazioni di muschio; margine rotondeggiante, ondulato, a volte ispessito, di colore bruno cannella.
Superficie fertile composta da tubuli stratificati con pori di piccole dimensioni, fitti, regolari, tondeggianti, di colore bruno cannella più o meno carico.
Carne tenace, coriacea e compatta, di consistenza suberosa di colore bruno-giallastro tendente al bruno-rossiccio.
Habitat durante tutto l’anno, a larga diffusione territoriale, cresce in forma singola o a gruppi di vari esemplari posizionati in forma più o meno sovrapposta, alla base di numerose specie arboree quali, ad esempio, querce, castagni, erica arborea, olivi, eucaliptus, cedrus….
Commestibilità: NON commestibile per la particolare consistenza suberoso-legnosa
Specie simili
Hinonotus hispidus (Bull.) P. Karst (1879)
Predilige crescere nella zone alte delle colture arboree alle quali si associa e mai, come P. torulosus, alla loro base; si differenzia, inoltre, da questo, per la maggiore consistenza legnosa, per la mancanza sulla superficie sterile delle caratteristiche formazioni di muschio e per il colore rosso scuro o marrone nerastro; per la superficie fertile costituita da tubuli e pori più o meno ampi, irregolari di colore crema tendenti verso la maturazione a divenire bruno nerastri e per la presenza, tra i pori, di piccoli fori: idatodi (2) che secernono goccioline di liquido di colore giallino.
Ritrovamento recente
In data 2 febbraio 2018, ad opera del micologo Carmelo Di Vincenzo e di Angelo Miceli (Centro di Cultura Micologica – Messina), in località Torrente Tarantonio a circa 150 mt. slm, nel comune di Messina, a poca distanza dell’alveo torrentizio, ai piedi di un vecchio tronco marcescente di olivo. Numero due esemplari posizionati in forma sovrapposta, uno di notevoli dimensioni: larghezza (all’attacco sul tronco) cm. 45; sporgenza massima cm. 35; altezza cm. 40; circonferenza cm. 105
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- La carie, o marciume del legno, è una patologia vegetale che causa la progressiva degenerazione dei tessuti legnosi di piante vive o del legname in conservazione o in opera. Viene diversificata, generalmente, in carie bianca e carie bruna (per maggiori approfondimenti si rimanda ad un testo specifico). Viene causata da numerose specie fungine appartenenti a diversi generi di funghi quali, ad esempio, Fomes, Ganoderma, Phellinus, Polyporus…, che assumono, nella fattispecie, la denominazione di “parassiti da ferita” in quanto trovano facilità di attecchimento in corrispondenza delle ferite del tronco arboreo, nei tagli di potatura, nelle ferite provocate da insetti, nelle lesioni traumatiche della corteccia. Normalmente l’attacco invasivo viene realizzato dal micelio che, dopo aver condotto un periodo di vita saprofitario su organi morti della pianta, riesce a penetrare all’interno della massa legnosa attaccandone le parti vive [Goidànich G. 1975].
- Idatodi: condotti escretori tipici delle foglie e di alcune specie fungine (I. hispidus) attraverso i quali viene eliminata l’eccessiva umidita assorbita che non consente la regolare traspirazione. Tale processo viene scientificamente definito guttazione.
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Foto: Angelo Miceli
Bibliografia di approfondimento
- Bernicchia Annarosa – 2005: Polypocaceae s. l.. Edizioni Candusso, Alassio (SV)
- Boccardo Fabrizio, Traverso Mido, Vizzini Alfredo, Zotti Mirca – 2008: Funghi d’Italia. Zanichelli, Bologna (ristampa 2013)
- Goidànich Gabriele – 1975: Manuale di patologia vegetale. Vol. II,. Edizioni Agricole, Bologna
- La Spina Leonardo – 2017: Funghi di Sicilia Atlante Illustrato. Tomo III. Eurografica, Riposto (CT)
- Papetti Carlo, Consiglio Giovanni, Simonini Gianpaolo – 2004: Atlante fotografico dei funghi d’Italia. Vol. I. A.M.B. Fondazione Centro Studi Micologici, Trento (Seconda ristampa)